Il ciclo delle nostre chiacchierate con i professionisti del settore della comunicazione e dello storytelling continuano: in questa occasione abbiamo incontrato Piero Babudro, titolare di Segnale Zero, consulente e formatore nei temi della comunicazione e dello storytelling di brand.
È stata una piacevole chiacchierata che ci ha portati a mettere a fuoco dei punti essenziali per quanto riguarda il modo in cui le aziende si possono raccontare, soprattutto utilizzando lo strumento video.
Il mio percorso è iniziato dal giornalismo digitale, nella prima metà degli anni Duemila ho seguito numerosi corsi e master con l’obiettivo di imparare a coniugare la professionalità giornalistica con la competenza della costruzione di contenuti multi canale.
Intorno al 2007 ho iniziato a lavorare nel campo della comunicazione multicanale trovandomi a lavorare con aziende che avevano la necessità di digitalizzare.
Tra il 2009 e il 2010 sono entrato nel grande movimento che era appena arrivato in Italia e che vedeva la comunicazione non solo come uno strumento per vendere ma come mezzo per creare relazioni con tutti i potenziali portatori di interessi per l’azienda.
Insieme a questo è arrivato il lavoro sulla creazione di contenuti guidata dall’analisi dei dati.
Nel tempo ho iniziato a mettere a sistema le competenze acquisite all’Università, dove mi sono laureato in Teoria e tecniche del linguaggio cinematografico, e la mia passione per la scrittura in tutte le sue forme studiando le principali teorie narratologiche per mettere insieme scrittura e comunicazione e marketing. In questo modo mi sono specializzato nella creazione di strategie di contenuti e ho lavorato a oltre 150 progetti nella mia vita professionale, tutti diversi e con le loro peculiarità.
La formazione è arrivata in un secondo momento, attualmente collaboro come formatore per lo IED, RCS Academy e la RSI Radiotelevisione Svizzera con sede a Lugano.
Che valore ha per le persone che sono così immerse, quotidianamente, in un flusso di informazioni che non ha precedenti nella storia?
Lo storytelling, ossia il racconto delle storie riflette essenzialmente il modo in cui la nostra mente analizza ed elabora i fenomeni della realtà. Le narrazioni ci servono per comprendere il mondo che ci circonda, per questo io ho deciso di applicarle al mondo aziendale creando “DNA: Design delle Narrazioni Aziendali”.
Le aziende devono assumere un ruolo di protagoniste nella mente delle persone e, per farlo, devono prendere coscienza e mettere in armonia i diversi punti di vista con cui si osservano e vengono osservate.
La narrazione oggi ha un peso enorme, per tutta una serie di cambiamenti molto profondi a livello sociale, ci troviamo in un contesto in cui si sono affermati dei modelli basati non più su strutture piramidali ma su reti.
Viviamo in una società più liquida e più rarefatta che ha perso le grandi narrazioni, non ci sono più grandi discorsi che fanno presa su un pubblico collettivo, le narrazioni si incrociano, spariscono, ricompaiono in una tessitura ininterrotta che non ha più la dimensione assoluta che aveva qualche decennio fa.
In questo contesto i percorsi narrativi potrebbe aiutarci a ricostruire quei legami, quelle relazioni tra le persone che sono completamente saltate.
Il video ha il grande vantaggio di unire l’istanza narrante, il rapporto tra le informazione possedute da testo, narratore, personaggi e spettatori, e l’istanza mostrante, il rapporto tra ciò che viene mostrato e ciò che lo spettatore sa: un video che funziona, funziona anche senza audio. È importante dare dignità alle immagini.
Non ha più senso, ormai, realizzare video che raccontano realtà che non esistono, quindi dobbiamo imparare a mostrare delle cose che sono veramente interessanti e creano empatia con chi le guarda. Lo spettatore deve potersi riconoscere nella storia che gli stiamo raccontando in video.
Questo occorre farlo a partire dai reali interessi delle persone, non da quello che siamo abituati a raccontare per edulcorare la realtà e trasmettere messaggi che sono praticamente universalmente applicabili, ma che non raccontano la verità di un’azienda.
Perché deve prepararsi all’avvento di generazioni future che non sono abituate ai testi scritti e sono decisamente più sedotte da contenuti video che da contenuti testuali.
Per le aziende cambierà molto, sarà una bella sfida, quella di spostare degli investimenti che erano stati fatti in alcune aree della comunicazione e portarle in altri canali.
Le nuove generazioni sono molto capaci di produrre contenuti video tecnicamente molto evoluti, ma fanno fatica a lavorare a un progetto articolato, questo apre scenari nel futuro che non siamo in grado, attualmente, di prevedere.
Sarà complesso, per le aziende, scegliere a chi affidarsi e la priorità sarà trovare professionisti che sanno mettere insieme queste diverse competenze in modo nuovo, andando incontro al mercato.